Claudia, infermiera: “Durante il Covid, mi e’ mancato un supporto psicologico” | INTERVISTA
Claudia Consoli, 34 anni, infermiera di Frascati (Roma) ha contratto il Coronavirus fra settembre ed ottobre di quest’anno. Di seguito, le parole che l’hanno spinta a rilasciarmi questa intervista: “Vorrei che attraverso le esperienze dei malati di covid, le persone si rendano conto della gravità della situazione e del disagio psicofisico che porta la malattia. E sentirsi meno sole ed incomprese quelle che lo contraggono e non vedono la luce”.
INTERVISTA A CLAUDIA CONSOLI Carissima Claudia, credi che Covid sia raccontato correttamente dai media o c'è troppo terrorismo?
Assolutamente nessun terrorismo. Viene raccontato cosi come realmente si vive, anzi vengono date troppe opinioni negazioniste che, assolutamente, portano fuori strada chi non ha le idee chiare. Dati alla mano della protezione civile, la situazione è decisamente fuori controllo e molto grave. Noi operatori sanitari siamo esausti della situazione. Come è iniziata la tua disavventura con il Covid?
Io, periodicamente, mi sottopongo ai tamponi per via della mia professione e, un venerdi’, eseguo un tampone: risultato negativo.
La domenica notte mi si alza la temperatura e rimane stabile fino al lunedi’ mattina, in cui dovevo andare a lavoro.
Contemporaneamente avevo la sensazione che stesse per iniziare un forte raffreddore; il tampone era negativo, quindi tutti tranquilli: io, i colleghi e la caposala.
Mi sono armata di forza e farmaci per raffreddore e sono andata a lavoro. Giornata infernale durante la quale le forze mi venivano a mancare e una stanchezza incredibile mi ha accompagnata tutto il turno. Insomma, il giorno seguente sono spariti olfatto e gusto, e da lì ho capito che era Covid. Nei successivi 3 o 4 giorni ogni giorno un nuovo sintomo, era veramente un incubo.

Durante il periodo della malattia, qual è la cosa che ti è mancata di più?
Sicuramente la quotidianità. Il mio lavoro, il poter vedere le persone che amo, l'interagire coi coinquilini. Polemizzando, mi è mancato molto un supporto psicologico e un appoggio per quanto riguarda la parte sanitaria. Non ci sono informazioni precise: i medici di base brancolano nel buio, le ALS sono sature e non riescono a gestire tutti. Al pronto soccorso si evita di recarsi, ma ci si sente veramente abbandonati, con la paura di peggiorare e morire soli. Mi sono mancate le certezze e gli affetti.
Cosa ti manca della "vecchia normalità"? Secondo te, cosa possiamo fare per tornare a vivere come una volta?
A me manca il poter viaggiare in serenità, incontrare gente nuova, ma soprattutto poter andare a trovare la mia famiglia, che vive in Lombardia , quando ne ho voglia e tempo. Al momento non è possibile farlo liberamente e ne soffro molto. Non ho fiducia che potremo tornare a vivere come una volta. Questa esperienza ci segnerà per sempre.
