f o l l o w t h e r i v e r: un viaggio musicale in cinque brani immersi tra alt-folk e music world
WHATEVER THE FUTURE HOLDS, I’LL SEE YOU THERE è il nuovo EP di f o l l o w t h e r i v e r. A due anni dall’EP Blankets & Bumblebees. l’artista ligure torna con un disco che racchiude i quattro singoli pubblicati nell’ultimo anno, November, As A Water Well, Werewolves, Suitcases e Melbourne, insieme all’inedito TheNeedle.

In WHATEVER THE FUTURE HOLDS, I’LL SEE YOU THERE ogni brano è raccontato metaforicamente come un pianeta in cui atterrare, da scoprire in ogni sfumatura. Le cinque canzoni racchiuse nell’EP sono infatti state concepite come singoli universi, ognuno
con le proprie regole, i propri ecosistemi e le proprie funzioni. Non è un caso che l’ultima frase del disco, contenuta proprio in The Needle, sia il titolo dell’EP, come a sancire un ultimo atterraggio su un pianeta sconosciuto che chiude il cerchio in attesa di ripartire verso nuovi mondi e nuovi universi paralleli.
Con l’EP f o l l o w t h e r i v e r rinnova quel sound dal dna estero già impronta fondamentale del suo percorso precedente. Scenari musicali in grado di tessere insieme folk ed elementi elettronici, tra contaminazioni sperimentali e interventi più orientati all’alt-pop.
INTERVISTA A f o l l o w t h e r i v e r
WHATEVER THE FUTURE HOLDS, I’LL SEE YOU THERE : un EP che vuole raccontarci un nuovo pianeta, perche'?
Ciao! Grazie per le domande! Questo EP racchiude cinque veri e propri pianeti diversi, perché mi piace pensare a ogni canzone come una sorta di ecosistema a sé stante, con le proprie leggi e le proprie regole fisiche. Di questi cinque mondi quello ancora inesplorato era l’ultimo, The Needle, e come un’astronave questo progetto mi dà la possibilità di atterrare su questi diversi mondi e di raccontarli esplorandoli, per poi partire alla ricerca del mondo successivo. Adesso l’astronave è atterrata su questo, poi chissà...
Il tuo nuovo EP, e' una sorta di viaggio: che cosa dovrebbero aspettarsi gli ascoltatori?
Il viaggio è uno dei temi centrali di molte delle canzoni, soprattutto inteso come viaggio interiore e soprattutto descritto nel momento iniziale, quella linea sottile che ci separa dalla decisione definitiva sul partire o meno. Sicuramente sono tanti viaggi molto diversi da loro, quello che auspico sempre è che le persone che mi ascoltano possano trovare anche un po’ di loro stessi nelle mie canzoni, oltre a un po’ di me, e che possano rendere le mie canzoni un po’ più complete e vaste con la costruzione di questo “ponte di empatia”.

Come mai la scelta dell'inglese, all'interno della tua musica e di scegliere di "mescolare" il folk con elementi di elettronica?
Sicuramente il mondo di riferimento per questi brani è l’alt-folk di matrice nordamericana (i Bon Iver su tutti), con quelle sonorità melodiche e malinconiche, minimali e riverberate allo stesso tempo. Ho pensato di unire questo mondo a un’architettura elettronica che lasciasse abbastanza “spazio sonoro” e l’aiuto di Federico Malandrino, producer di questi brani, è stato fondamentale, con la sua esperienza nel mondo dell’elettronica.
La scelta dell’inglese è dipesa dal fatto che è una lingua che mi piace molto e a cui sono molto affine a livello di “mondo musicale” di riferimento. In parte è una scelta anche più “facile” per quello che suono, perchè si adatta meglio a quello che faccio. Finora l’italiano mi ha sempre spaventato un po’. Ma mai dire mai ...
Ringraziamo per la consueta e preziosa collaborazione Marco di "Astarte agency"
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