Giulio Scarpati: "Il giudice ragazzino" e Lele Martini | INTERVISTA
È stato un piacere parlare con un attore, ma prima di tutto un uomo al servizio di un'arte così sensibile quando specialmente approda a temi socialmente formativi.
Nel corso degli anni ha ottenuto molti riconoscimenti artistici. Per te, qual è il riconoscimento umano che più ambirebbe?
Il riconoscimento artistico e umano più importante per me è stato girare il film Il giudice ragazzino, Un ruolo che mi ha dato molto. Diciamo che il personaggio è realmente esistito, Rosario Livatino era un giudice onesto e integerrimo, che non ha voluto beneficiare dei propri privilegi, e neppure ha voluto una scorta per non mettere a repentaglio la vita di altre persone. È stata una persona scomoda, perché pur di perseguire la giustizia ha rinunciato a dei privilegi, mettendo la propria vita in pericolo. Una persona e un giudice scomodo, per me è stato un onore interpretarlo; tanto è vero che ho conosciuto i suoi genitori, che oggi purtroppo non ci sono più. Da qualche tempo, si parla di beatificare Rosario Livatino.
Un altro riconoscimento per me è importante, è stato interpretare don Luigi di Liegro, fondatore della Caritas che in seguito ha creato una casa di accoglienza per ex tossicodipendenti e malati di Aids, a Roma, per salvare queste persone da una brutta sorte. Questi per me, sono i riconoscimenti professionali e umani più importanti.
Il personaggio del dottor Lele Martini che ha fatto conoscere al vasto pubblico televisivo. Cosa ti ho dato questo personaggio? E prevista una nuova serie con te presente?
Interpretare il dottor Martini, è stato per me un ruolo che mi ha dato tanto; mi ha fatto conoscere al vasto pubblico, mi sono divertito molto sul set e talvolta proprio per questa notorietà, ho potuto fare altro in teatro e lasciare il set per un periodo, anche per non rischiare di essere identificato con Lele Martini, senza dubbio un padre forse più presente di me.
Penso che non ci sarà un seguito, anche perché dopo l'ultima serie sono trascorsi cinque anni e la Rai non ha fatto sapere nulla, ma credo sia meglio così, ritengo che della storia sia stato detto tutto.

Il nostro paese ha una tradizione teatrale. Secondo te perché il teatro è stato riservato un ruolo marginale? Giudicandola un'attività in esubero?
Vedi, purtroppo la gente pensa che fare teatro sia un'attività effimera, invece lavorare in teatro vuol dire montare un opera in 30 giorni, adesso ci lavorano scenografi per costruire lo spettacolo, addetti alle luci e musicisti che inseriscono dei brani in quel momento per sottolineare una scena. Per cui, purtroppo questo è capitato per un problema culturale, non vedere l'attore di teatro, o chi lavora in teatro come un lavoro bensì viene visto come un divertimento. Spesso si pensa all attore famoso e al fatto che recitare sia una cosa semplice e naturale ma così non è, perché per essa oltre che anni di studio ci vuole una certa dedizione e dietro essa c’è un importante lavoro.
Giovanni Veronesi ti ha voluto per un cameo nel film di Natale Tutti per uno, uno per tutti. Com'è stata questa esperienza?
Essere chiamato per questo film, e' stata un'esperienza in cui mi sono divertito moltissimo e non ringrazierò mai abbastanza, Giovanni Veronesi per avermi dato questa opportunità appunto il mio personaggio e buffo, in volto sono praticamente irriconoscibile lo vedrete appena lo daranno.
Del cinema mi piace il set: pensa noi quando si era stanchi, di solito andavamo al cinema per rilassarci, oggi magari non è così se uno è stanco probabilmente non ci va. Del teatro mi piace lavorare per la costruzione di un'opera, per la sua realizzazione, il dietro le quinte e per il rapporto umano con i colleghi e i collaboratori.
