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I Tretre, Mirko Setaro, autore: "Non mi mancano gli applausi. Vivo di cio' che scrivo per gli altri"

Un ringraziamento speciale ad Alberto Tovaglia che ci ha dato la possibilita’ di intervistare Mirko Setaro, autore, attore e maestro di Cabaret. Mirko, in questa intervista, ci racconta dei suoi esordi da attore, di come e’ cambiato il linguaggio televisivo da ieri ad ogg e dei programmi che ha firmato di successo come: “Buona Domenica”, “Campioni”, “Grande Fratello” e molti altri per Rai e Mediaset


INTERVISTA A MIRKO SETARO


Diamo il benvenuto a Mirko Setaro, ringraziandolo per averci concesso questa intervista. Lei è conosciuto al grande pubblico come componente del trio comico tra i più famosi in Italia i TreTre e anche come attore, autore televisivo, regista. Partendo dal cabaret si ricorda il suo debutto, quando è nata la sua passione per il cabaret e perché, se c’è un perchè? Quanto ha influito nella sua carriera cabarettistica la sua napoletanità ? E’stata un plus oppure una limitazione ?


Il mio debutto nel cabaret risale al lontano 1976 in un teatrino napoletano il Sancarlucio con un gruppo che si chiamava i Rottambuli e nelle cui fila c’era anche il mio fraterno amico, il maestro Beppe Vessicchi col quale, qualche anno prima avevo inciso un ellepì di nostre canzoni dal titolo “Odore di capra” . Faceva parte di quella formazione anche Edoardo Romano col quale, qualche tempo dopo, formammo i Trettré insieme a Gino Cogliandro. Intanto Beppe decise di dedicarsi esclusivamente alla musica. Il debutto televisivo, invece, risale al 1981 in un contenitore comico dal titolo “Lo scatolone” su Rai La mia passione per il cabaret è nata guardando i comici dell’epoca. Da I Gufi a Cochi e Renato, da Felice Andreasi a Enzo Jannacci, da Paolo Villaggio a Walter Chiari e Paolo Panelli. La comicità, comunque, mi ha sempre affascinato perché ha la capacità di raccontare con immediatezza ed efficacia storie di vita e di personaggi del nostro tempo facendoci sorridere e ridere delle loro manie, delle loro debolezze, talvolta anche delle loro meschinità a confronto coi paradossi che la società spesso ci impone. Insomma quel processo dialettico che si risolve in una sorta di catarsi, di immedesimazione, nella quale ci immergiamo col sorriso, per esorcizzare le nostre paure e i nostri limiti. Certamente avendo vissuto nella città di Scarpetta, Viviani, De Filippo, Totò, ed avendo come idioma naturale una lingua colorita, musicale e teatrale, per antonomasia, come il napoletano è indubbio che per me questi due fattori hanno rappresentato e rappresentano da sempre un plus importante ed imprescindibile.


Lei ha debuttato come cabarettista sul finire degli anni 70. Che differenze trova tra il cabaret di allora e quello che adesso vediamo in tv ? Quello televisivo è vero cabaret, lo è ancora considerato anche l’avvento degli stand up commedy di origine americana? C’è un consiglio che puo’ dare a chi intraprende oggi la carriera di cabarettista ?


Ma, in generale, non mi pongo il problema delle eventuali differenze. Il cabaret è cambiato perché è cambiato il linguaggio, nella misura in cui la società è cambiata, è un altro mondo! Pensi, purtroppo, a quello che stiamo vivendo ultimamente col Covid? Perciò Il tutto mi convince sempre di più che non so se il cabaret televisivo è vero cabaret o meno, ma sono certo che, per quello che mi riguarda, che la comicità, da sempre, si divide in due grandi categorie: quella che fa ridere e quella che non fa ridere. Per quanto riguarda lo stand up comedy, devo dire che è una formula di spettacolo non necessariamente comica. E’ un intrattenimento crudo, a volta anche violento e sprezzante nel suo linguaggio affabulatorio che si propone di far riflettere e/o scuotere e risvegliare coscienze, attraverso forme e metodi diversi dalla comicità classica. E’ una formula che ci arriva da oltreoceano ed interpretata da autentici mattatori della scena. Da Bob Hope, Lenny Bruce, George Carlin, Woody Allen, Bill Cosby, Robin Williams. Tra l’altro non va dimenticato il libro di Lenny Bruce “ Come parlare sporco ed influenzare la gente” dal quale è stato tratto il film di Bob Fosse “Lenny” Dustin Hoffman, tra l’altro doppiato dallo strepitoso Gigi Proietti.

Il consiglio che posso dare a chi intraprende oggi la carriera di cabarettista è di essere curioso, di assorbire e rubare dal quotidiano, dalla gente, dalle strade e di essere informati. Perché, non sembra, ma fare comicità significa, a volte, anche fare divulgazione di ciò che è storia, scienze, politica e cronaca. Inoltre suggerisco a tutti di non pensare che basti un buon testo per essere efficaci: Certo, un buon testo è già tanto, ma bisogna viverlo ed immedesimarvisi, rispettandone la drammaturgia ed interpretandola non solo con le parole, ma anche coi gesti che ne caratterizzano e sottolineano ancor di più i contenuti.

Come autore, oltre ad aver sempre scritto i testi per il suo trio i TRETRE, ha anche scritto e collaborato agli spettacoli di comici come Enrico Brignano, Pablo & Pedro, Beppe Braida e tanti altri. Non ultimo ha firmato il programma televisivo di cabaret Made in Sud. E’ piu’ difficile scrivere per se stessi oppure per un altro comico ? Che emozione si prova nel sentire funzionare una propria battuta recitata da un altro artista: soddisfazione o invidia ?


Non c’è differenza tra scrivere per se’ stessi o per un altro comico. L’importante, quando si scrive per altri è cercare di entrare in sintonia col suo mondo e di come lo descrive. Qual è il suo linguaggio e quali sono gli ambiti nei quali rende al meglio. Un esercizio di immedesimazione che, comunque, arricchisce anche il tuo mondo, le tue tecniche e sperimenta sul campo la tua duttilità. Resta inteso che quando la battuta funziona o la dici tu o la dice il comico col quale lavori da le stesse soddisfazioni perché significa che quello che hai pensato ed elaborato ha raggiunto il suo scopo, ovvero la risata


Lei è i suoi colleghi avete avuto un’enorme successo nelle trasmissioni dell’allora nascente Mediaset nei primi anni 80. Che ricorda di quei periodi pionieristici per l’emittenza privata? C’è un episodio che ricorda con piacere di quegli anni ? In quegli anni si vedevano grandi show con tanti ospiti, scenografie importanti, corpi di ballo ed orchestre, come nei grandi varietà degli anni 60. Pensa che oggi, nell’attuale panorama televisivo sia impossibile riproporre quel genere d’intrattenimento?


E’ superfluo dire che c’è grande e tenera nostalgia nel ricordare quel periodo. C’era una energia, un entusiasmo ed una sinergica euforia. Tutti per uno, uno per tutti a fare la televisione. Tanti sono i ricordi che mi legano a quel periodo, soprattutto l’attesa per il risultato dell’ascolto e del gradimento della prima puntata di Drive in, che era nato come uno sperimentale contenitore comico per la regia di Giancarlo Nicotra. Il risultato fu esaltante e da lì, per 5 edizioni, Drive in rappresentò un must della nuova comicità, proponendo alla ribalta nazionale non solo i Trettré, ma comici come Giorgio Faletti, Zuzzurro e Gaspare, Gianfranco D’Angelo, Ezio Greggio, Francesco Salvi, Enzo Braschi, Carlo Pistarino e tanti altri. In quegli anni furoreggiavano i vari tormentoni del programma, che divennero, ben presto, il nuovo vocabolario di tutti gli italiani. Un successo mai più ripetuto e ripetibile.

Varietà come “Al Paradise”, Studio Uno, Premiatissima, Fantastico, oggi non sono più ripetibili e previsti sia per i costi che per tempi di preparazione. Oggi si fa un prodotto diverso, più smart che preveda al suo interno anche altre tipologie, contaminazioni come il game, la gara. Il varietà per il varietà, spettacolo e basta, non appartiene più ai canoni di oggi. Ma anche questo è un segno del nostro tempo

Oggi Lei è un affermato e apprezzato autore televisivo: ha firmato programmi come Buona Domenica, Campioni, Grande Fratello e molti altri per Rai e Mediaset. Ci puo’ descrivere il ruolo di un autore televisivo oggi ? L’autore puo’ ancora proporre i propri programmi oppure il mercato dei format gli impedisce di essere propositivo ?


Oggi il ruolo dell’autore è quello di adattare al gusto tipicamente italiano i format che le varie reti decidono di produrre e proporre al nostro pubblico. Resta inteso che questo compito permette, comunque, all’autore di inventare ed innovare il format rendendolo più ricco e funzionale. Basti pensare ad un format come Scherzi a Parte, del quale sono stato autore per 4 edizioni. Il programma, infatti, nasceva come uno speciale di 3 puntate in Francia e, dopo le edizioni italiane, è stato un successo internazionale con le modifiche e la nuova veste data dalla creatività di noi autori italiani.

Per quanto attiene alla possibilità di un autore di proporre suoi programmi, oggi è sempre più difficile. Bisogna che un direttore di rete o un capostruttura abbia quel fiuto e quella visione immaginifica specifica che gli permetta di vedere già realizzato e definito ciò che l’autore gli propone su di un foglio di carta. Una volta era così, oggi tutt’altro! Oggi arrivano i colossi dell’intrattenimento: vedi Endemoll, Freemantle, Magnolia/Banjai, ti portano un video di un programma già realizzato ed andato in onda con successo in qualche paese del mondo, al cui cospetto un “progetto” scritto e mai realizzato non può competere. Ma anche questo è un segno dei tempi.


Il suo lavoro di autore e regista l’ha costretta ad abbandonare il ruolo davanti alle telecamere per concentrare la sua creatività e il suo talento restando dietro alle telecamere. Le mancano le luci della ribalta, il fatto di interagire direttamente con il pubblico, gli applausi degli spettatori?


Non mi mancano le luci della ribalta anche se il loro ricordo sarà per sempre vivo e custodito con tenerezza ed affetto nel mio cuore. Non mi mancano gli applausi del pubblico, perché, come già detto, li vivo di riflesso per quello che scrivo per altri. Quindi mi danno le stesse emozioni.


Nel ringraziarla per il privilegio che ci ha concesso con la sua intervista le rivolgo una ultima e semplice domanda: televisivamente e artisticamente parlando ha un sogno nel cassetto, un progetto che le piacerebbe realizzare?


Ho scritto un film “La banda degli Eredi” insieme a Francesco Velonà autore e sceneggiatore col quale è nato un sodalizio di affetto e sintonia incredibile. Sempre insieme a Francesco ho scritto una commedia “ Balcone a tre piazze” che speriamo possa essere portato in teatro non appena possibile. Questi i miei ultimi progetti, mentre aspetto di riprendere le mie lezioni di storia, recitazione e scrittura comica presso la International Cinema Academy di Milano.


Ringraziamo per la preziosa collaborazione l’autore Alberto Tovaglia

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