"Il teatro è nel corpo dell’attore" | editoriale a cura di Mario Mattia Giorgetti
Da tempo s’invoca il recupero della parola come elemento fondante del teatro. Una lotta impari visto l’invasione dei mercenari televisivi che occupano i palcoscenici italiani.

Noi, ora, vogliamo aggiungere una risultante al valore della parola significante: il corpo dell’attore è la fucina che dà spessore, intenzionalità, espressione, ritmo, ricchezza di sentimenti alla parola che viene lanciata al pubblico.
Quindi è giusto focalizzare l’attenzione sul corpo dell’attore. L’attore con il suo corpo occupa uno spazio da cui trae energia, movimento, azione. Questi elementi disciplinano il corpo che si fa “sistema condizionante” della parola che nasce dall’io del corpo, che s’innerva per farsi suono, fiume semantico di un pensiero, di uno stato d’animo.
Il corpo si avvale dei suoi elementi: immagine, età, mani, braccia, testa, gambe, postura, sguardo. Elementi che l’attore non può affidare a se stessi, ma li deve mettere in moto, coordinarli, affinché confluiscano all’io che è quello che si fa voce comunicante.
Se guardate bene l’attore che viene dai tubi catodici, non troverete mai un corpo attivo che si fa voce, ma ascolterete solo un suono privo di nervatura, privo di tutti quegli elementi di cui abbiamo sopra detto. Avvertirete solo un suono vuoto che si fa bla bla bla …del dire, e non del sentire.
Concludendo, recuperiamo il valore della parola, certamente, ma rieduchiamo il corpo tutto, poiché in lui c’è il mistero, il fascino che ci prende, che si fa teatro.
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