Paola Quattrini: “Quando credo in qualcosa, la faccio e mi butto a capofitto" | INTERVISTA
“Il Teatro è la mia vita, la mia energia, la mia forza. L'unica cosa al mondo di cui non potrei fare a meno. L'unico luogo irreale in cui mi sento reale. Dove mi sento profondamente me stessa" (Paola Quattrini)
Paola Quattrini, una donna elegante nei modi e nelle fattezze, un'attrice caparbia e di gran qualità. Ecco com'è stata la mia chiacchierata con una leonessa del palcoscenico e della Vita.
INTERVISTA A PAOLA QUATTRINI
D. Da bambina prodigio ad interprete di film e di opere teatrali, diretta da grandi registi da Camerini, a Salce, da Gassman a Sindoni; da Garinei e Giovannini, a Patrick Rossi Castaldi, fino a Ronconi. Oggi secondo lei come si sono evolute queste due arti?
Esatto, ho lavorato per tanti e tra loro mi va anche di nominare Luca Ronconi.
Queste sono arti importantissime nella vita di ognuno di noi, fanno parte della storia così come il ricordo di una persona può essere legato a un film, un personaggio a cui ti sei affezionato. In ognuno di noi c'è un pezzetto di un film, di una commedia o di un personaggio. Quante volte facendo delle commedie, le persone si ritrovavano in esse, portandoci nel cuore.
Sono importantissimi per la Storia e l'umanità, per far crescere il pensiero e coltivare le fantasie che, sono cose essenziali per la nostra vita e la nostra cultura.
Purtroppo adesso, hanno avuto una frenata così brusca che la situazione è drammatica.
D. A proposito di Teatro, come ha visto gestita dalla classe politica italiana, la situazione dei teatri, nelle loro maestranze e categorie tutte, a causa di questa epidemia? Ha trovato giusto che a pagarne per prime le conseguenze fossero le attività teatrali?
Guardi, io assolutamente non sono d'accordo per diversi motivi, intanto perché i teatri e i cinema sono dei posti sicuri e protetti e poi perché si è speso molto per sanificarli. Abbiamo rispettato il fatto delle distanze, per cui avevamo cominciato a far teatro rispettando tutte le regole del caso e questa chiusura, secondo me è stata drammatica. Sì drammatica, ma vedo che la nostra categoria si è poco ribellata a queste cose perché li hanno tacitati con i “Ristori” un termine che io odio, già nella parola, però non sempre questi soldi sono andati a buon fine perché, è vero che hanno speso tanti soldi e che molte volte sono arrivati ma non sempre nella maniera giusta perché , per esempio questi soldi sono arrivati a tanti teatri grandi però i piccoli non hanno ricevuto nulla e anche i piccoli teatri fanno cultura, fanno teatro e anch'essi sono la storia. Purtroppo hanno dato questi soldi ma non hanno detto, “cercate di riutilizzarli anche per pagare le compagnie che verranno penalizzate per la diminuzione dei posti”. La verità è che noi non abbiamo qualcuno che ci tutela, loro hanno dato questi fondi però ci vorrebbe qualcuno che fosse dell'ambiente per spiegare le nostre necessità, il fatto è che si sono basati su dei dati che non sempre sono veritieri, perciò tanti hanno avuto tanto e moltissimi hanno avuto niente e non è esattamente così che si fa crescere il teatro. Secondo me li hanno ripartiti in maniera non equa, non c’è stata una direttiva attraverso cui, con questi soldi, si facesse costruire qualcosa. Ripeto non sono stata d'accordo con questi ristori, tantissime cose non le ho viste giuste e non sono risultate giuste.

Hanno dato questi soldi punto e basta e così non si cresce mai, si diventa sempre più individualisti, invece di essere solidali e uniti per raggiungere qualcosa di costruttivo. Io avrei preferito niente ristori e si apre il teatro, chi non rispetta le norme delle distanze viene chiuso. Invece la categoria purtroppo si è chiusa, non si è stati solidali quindi siamo visti come un’ inezia vicino ai problemi che ci sono, per carità possiamo essere un’inezia però siamo un’inezia molto importante per la cultura, ma nel nostro ambiente non siamo tutti così solidali, tra colleghi siamo abbastanza individualisti ognuno corre da solo. Trovo che potevano spendere i soldi per proteggere di più il pubblico che vuole andare a teatro quindi incentivarlo ad andarci e non togliergli la voglia, già sono pochi quelli che ci vanno così proprio lo ammazzano, vogliono che la gente abbia paura e invece non si dovrebbe avere paura. Pensi che avevamo scelto spettacoli con meno persone sul palcoscenico, ecco magari non ci si abbracciava, non si andava a trovare gli attori in camerino, ma non chiudere i teatri. Per cui penso che per ora non li riapriranno, tanto gli hanno mandato i “Ristori", io già questa parola la detesto. Per cui penso che saremo gli ultimi a riaprire, ma siamo quelli che più abbiamo pagato le spese di questa tragedia. Per cui penso che la situazione è abbastanza pesante.

D. Tra i riconoscimenti che ha ricevuto ce n'è uno al quale si sente più legata? Qual è, invece le sarebbe piaciuto ricevere?
Tra i premi ricevuti sono legata a due il primo per il ruolo di Jessica nella commedia Le mani sporche Sartre, al Teatro Stabile di Torino, si trattava della Noce d'oro lo ricevetti a 19 anni ed era un premio come miglior attrice giovane, purtroppo quel premio mi è stato rubato , ad esso ero veramente molto affezionata, perché era il mio primo premio e tra le tante cose mi hanno preso proprio questo . Poi sono affezionata al Nastro d’argento, che ho ricevuto per il film di Pupi Avati, Fratelli e sorelle, per me essere premiata per un film, perché io di cinema ne ho fatto tanto da ragazzina ma da adulta ne ho fatto molto meno, quindi riceverlo è stato per me una gratificazione che mi ha reso molto felice. Quello che invece, mi piacerebbe forse se ricevere è l’Ubu , ma se non lavori in uno stabile o al Piccolo di Milano la vedo un po' difficile, ecco quello è un premio che mi piacerebbe ricevere.
D. Dopo il suo libro A. M.O. R. E. emozioni in ordine alfabetico, ha pensato di scriverne un altro?
No Assolutamente no, nella mia carriera ho fatto di tutto così come nella mia vita ho provato tante emozioni e molti errori li ho pagati di persona. Mi sono buttata nelle cose con grande entusiasmo e sempre con un rinnovato amore, però quel libro era nato in un momento in cui desideravo voltar pagina nella mia vita, poi mai dire mai non so quel che può succedere, può esserci ma in questo momento assolutamente no, è stata la spinta di un momento, lo sfogo di un desiderio che dovevo appagare e quando mi metto in testa una cosa ci credo. Forse non l'avrei pubblicato, se una mia amica non lo avesse fatto quasi di sorpresa con un suo amico editore. Era un sogno, una necessità di aprirmi, ma poi sa aprirsi delle volte non è proprio produttivo. Oggi rileggendolo non dico che non mi riconosco, ma sa si cambia, si cresce, si è diversi, si evolve e allora mi sembra lontano quel momento anche, se è doveroso dire che in quel momento ci credevo e avevo bisogno di farlo e quando io ho bisogno di fare una cosa la devo fare a tutti i costi.
La foto di copertina dell'intervista e' del fotografo Gianmarco Chieregato

