"Ti intervisto", ospite lo scrittore Stefano Colucci che ci presenta "Abbi cura del tuo infinito"
Ciao Stefano, quando e come hai sentito la necessità di scrivere poesie e perché?
Ciao, Sara. Grazie di questa chiacchierata. La poesia in senso stretto è arrivata con l'adolescenza, sulla scia dei poeti beat americani e della cosiddetta letteratura maledetta francese. Forse emulazione, oppure la necessità di mettere in uno schema metrico preciso le cose da dire che nel parlato faccio fatica a trovare, o ancora il bisogno di tradurre il caos interiore. Probabilmente non saprò mai perché, un giorno di una decina d'anni fa o forse più, decisi di iniziare a scrivere in versi. Però so cosa mi spinge a continuare ancora oggi. Adesso la poesia, per me, significa tempo sacro. Tutto nel nostro quotidiano è volto alla velocità, all'intrattenerci, al far passare in fretta le ore riempiendole di qualsiasi cosa. Con la scrittura in versi mi prendo la libertà personale di andare nella direzione opposta, di svuotare le ore, di ritornare a quella bellissima noia infantile e raggiungere un luogo molto intimo da cui tutto il resto sembra volerci portare via. Si tratta di un gesto creativo in cui rientrano anche la spiritualità, l'autoanalisi, il mettere su carta le visioni dei sogni e quelle del giorno, cercare un nesso e una risposta, indossare degli occhiali speciali per vedere l'aspetto magico della realtà. Poesia è una cosa che va oltre la pubblicazione di un libro: è nello sguardo che abbiamo sul mondo. Ora più che mai, e ne parleremo meglio quando entreremo nel merito dell'ultima raccolta, avverto l'esigenza di rallentare perché sento che ogni cosa spinge per farci vivere a ritmi che non sono umani. Scrivere poesie mi permette di cambiare passo, ritrovare un ritmo naturale, assaporare l'esistenza come bisogna fare. Ecco, forse quello della poesia è il tempo naturale delle cose e dell'universo intero.

Molti, come farei anche io, si soffermano al titolo. Che cosa possiamo raccogliere, emozionalmente parlando, dalla tua raccolta di poesie?
Si tratta di una raccolta "per guarire dalla malattia di non riuscire a vedere l'infinito" (come dico nell'ultima poesia, "Amuleti magici per sconfiggere l'oscurità"). Mi sono ritrovato a scrivere questo libro in un momento in cui pensavo avrei fatto altro, ma la forza gravitazionale dell'esistenza mi ha spinto costantemente in un tempio immaginario e silenzioso dove cercare le parole giuste per celebrare dei momenti importanti, quasi dei riti di passaggio della vita che prima o poi affrontiamo tutti. Ne è uscito fuori un libro di versi nati per celebrare l'attimo, l'essere qui e ora, dove tutto succede e niente dura per sempre ma c'è qualcosa che sa di eternità. Ed è proprio questo l'infinito di cui parlo. Mi piace pensare che i lettori, da questa mia piccola enciclopedia di miracoli quotidiani, possano trarne una spinta a festeggiare quello che c'è: una luna piena, un amore che nasce, uno che finisce e apre infiniti scenari, la nascita di un figlio, e così via. Ci sono preghiere per evocare sogni impossibili, mantra da leggere appena svegli, antidoti per il vuoto interiore, lettere a chi non abita più questa dimensione terrestre, versi d'amore per qualcuno che si aspettava da tutta la vita. Penso sarebbe bello, prima o poi, organizzare degli spettacoli a teatro dove recitare queste poesie. Musiche, danze, canti, per poi finire tutti in cerchio come in una cerimonia per celebrare il fatto di essere ancora vivi nonostante tutto. Perché è una cosa che va festeggiata ogni giorno, sopratutto in un periodo storico come quello che stiamo vivendo attualmente. E a questo periodo aggiungiamoci il sistema sociale che ci porta a essere perennemente insoddisfatti di noi stessi. Queste poesie sono un atto di resistenza, ribellione e rivoluzione. Un modo per ricordare che non c'è competizione tra esseri umani, non è una gara a chi è più felice, è un cammino avventuroso che ognuno percorre con i propri tempi e i propri mezzi. L'importante è solo goderselo.
Novità e/o sogni a breve termine?
Proprio in questi giorni si sono svolte le Giornate di Cinema Queer, il festival cinematografico romano di cui sono direttore artistico e che quest'anno si è rivelato un grande successo da tutto esaurito. è stata un'emozione forte, sopratutto considerando l'attuale contesto politico italiano. Adesso ho un paio di progetti su commissione da regista a cui lavorare, poi si vedrà. Ho già alcune idee a cui sto pensando, cose che forse vedranno la luce nell'anno nuovo, ma è presto per parlarne. Mi considero molto fortunato perché nell'ultimo anno ho avuto modo di occuparmi di tante cose diverse: la raccolta di poesie, il progetto video che l'ha accompagnata, l'installazione esposta a giugno a Roma (DecamerHome), il festival, ora questi nuovi lavori. Spero di avere altrettanta fortuna in futuro e di poter continuare su questa strada meravigliosa fatta di creatività e magnifici incontri, a prescindere dal successo popolare/commerciale che quando arriva fa sempre piacere ma non è una necessità assoluta. Ciò che mi sta più a cuore, in questo momento della mia vita e del mio percorso creativo, è proseguire il mio lavoro di ricerca attraverso l'arte.
