Urgono riforme necessarie per i Teatri Stabili Pubblici | Editoriale di Mario Mattia Giorgetti
Aggiornamento: 14 nov 2021
Partiamo da questa premessa. Il teatro dal vivo si fonda su due elementi: il creatore di un testo, cioè l’autore che ha qualcosa da proporre, e l’interprete, cioè l’attore che trasmette quel testi. Sono due elementi imprescindibili. Due elementi da proteggere e sostenere. Invece, nell’attuale sistema non è così.

Oggi si sostiene l’Organismo, cioè l’impresa che si accaparra di questi due elementi e agisce in maniera autonoma per la loro realizzazione.
Ciò vuol dire che i due soggetti, che sono l’anima del teatro, sono subordinati al volere dell’impresa pubblica.
La mia domanda è questa: chi dei due soggetti, cioè Impresa e coppia, ovvero “anima” del teatro, occorre proteggere?
Sappiamo che senza i due, autore e interprete, l’Impresa è vuota, non può produrre. Ciò significa, è un dato di fatto, che l’Impresa nasce sulle spalle di questi due soggetti: autore e interprete. Ciò significa che sono anche loro che bisogna sostenere perché siano operativi nel tempo. L’Impresa nasce in funzione loro. Ma se nasce in funzione loro, perché nel sistema attuale viene presa in considerazione solo l’Impresa? Il discorso non sta in piedi.
Il Teatro Pubblico, voluto da Paolo Grassi e Giorgio Strelher, aveva dato l’indicazione giusta: il teatro si può fare se produzione autore e interpreti devono essere stabilmente un “corpo unico”, che agisce in un preciso spazio che raccoglie il loro operato.
Il Ministero dovrebbe finanziare questo “corpo unico” perché compia un servizio pubblico per la Società.
Oggi non è più cosi, l’anima del teatro, cioè autori e interpreti, vivono in seno alla produzione in maniera instabile, ciò vuol dire che l’impresa non fa più parte del “corpo unico” prima invocato, si è arrogata il diritto di essere svincolata dagli interpreti che vengono e vanno in base alle necessità del regista ingaggiato sul momento. E questo modo di agire provoca precarietà per gli interpreti. In quanto non hanno contratti duraturi, come invece dovrebbe essere per un Teatro Stabile Pubblico.
E questo atteggiamento il ministero non lo deve sostenere, dovrebbe, invece, sostenere tutto l’organico: staff organizzativo essenziale per la produzione, compagnia stabile con un minimo garantito ( almeno 14, come una volta) di scritturati per l’interpretazione dei testi scelti di Autori facenti parte del repertorio da proporre.
Il Piccolo Teatro di Milano lo si riconosceva dall’unità che esprimeva: luogo e “anima” di quel luogo, cioè la filiera su cui si fonda il teatro: interpreti, autori, produttore.
Forse è giunto il momento di rimettere ordine ai motivi per cui sono nati i Teatri Pubblici. Forse è arrivato il momento che gli interpreti del teatro dal vivo si uniscano per ottenere che questa regola sia rispettata, e non essere abbandonati a loro stessi. L’unità fa la forza, che il Ministero ne prenda coscienza. Per il bene del Teatro Pubblico e garanzia degli interpreti del teatro dal vivo.
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